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Hortus Conclusus

    Quello del giardino è uno dei temi che ha sempre affascinato il mondo dell’arte visiva in generale e della fotografia in particolare. Certo, il giardino è l’espressione di una natura domata dall’uomo, ma anche di una natura “abbellita”, presentata nelle sue massime potenzialità estetiche e culturali. Ma come raccontare, raffigurare, rappresentare il giardino in immagini capaci di restituirne la complessità? Alcuni autori hanno cercato di penetrare nei loro significati più nascosti, fino a sconfinare in visioni surreali o volutamente misteriose. Altri hanno puntato a mostrarne la bellezza descrivendone le fattezze e sottolineando la meraviglia dei colori dei fiori, dei cespugli, dei sentieri che si snodano sinuosi. Gianni Maffi ha invece seguito una via diversa: ha sottratto al giardino il suo ruolo banale di luogo capace di allietarci, per osservarlo invece con uno sguardo volutamente “oggettivo".

Il suo si rivela così un approccio in sottile equilibrio tra incanto e disincanto, fascinazione e documentazione. 

In un mondo dove non si fa altro che parlare di difesa della natura, dell’importanza della sua salvaguardia e della sua biodiversità, quale spazio e quale importanza riservare agli orti botanici? Come prendersi  cura di luoghi così particolari, dove la natura rifulge con la sua molteplicità di specie provenienti da ogni parte del globo? E ancora: come preservare e riattualizzare la storia di giardini antichi, nati con precisi intenti paesaggistici e artistici, accanto alle numerose ville e palazzi d’epoca che punteggiano l’Italia?  Nel 1782, Jacques Delille nel suo libro Les jardins, sosteneva che essi «ci parlano», conducono con noi «una conversazione», «ci danno lezioni». Ma oggi, riusciamo noi ancora a entrare in dialogo profondo con loro? 

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